lunedì 2 luglio 2012

Canzone del maggio




fabrizio de andré

Il '68 io l'ho vissuto a contatto con questi gruppi di estrema sinistra, partecipando al tentativo di rinnovamento; non li ho seguiti, perché di solito un artista, indipendentemente dall'ideologia, è un coniglio individualista. Mai avrei fatto la lotta armata, ma condividevo quasi tutti quelli che oggi vengono definiti gli eccessi sessantottini, anche perché li avevo quasi promossi, attraverso le mie canzoni. Se alle manifestazioni un autonomo sgangherato iniziava a tirare pistolettate, questo non lo condividevo sicuramente, ma condividevo la rivolta contro un certo modo di gestire la società che non teneva minimamente conto della società stessa. Volevamo diminuire la distanza tra il potere e la società. Abbiamo ottenuto diverse vittorie: pensa solo alla liberazione sessuale, frutto del '68, purtroppo frustrata dalla paura dell'Aids, o alla libertà d'informazione, che allora non esisteva realmente. Certo, ho anche fatto concerti in mezzo a bombe molotov e lacrimogeni.Ma il '68 è stato una rivolta spontanea, e il fatto che non sia riuscita forse è un bene, se è vero che il grosso problema di ogni rivoluzione è che, una volta preso il potere, i rivoluzionari cessano di essere tali per diventare amministratori. Eh sì, questo non è venuto molto bene (a proposito di Storia di un impiegato,ndc). A questo punto si era capito che le persone deluse dal fatto che la rivolta era fallita, che non era diventata una rivoluzione vera, che non era cambiato nulla, fuoriuscite dai partiti che avrebbero dovuto rappresentare la sinistra, si erano armate. Il che equivaleva a dire allo Stato, levati da questa poltrona che mi ci voglio sedere io, che è poi quello che ho cercato di dire ne La canzone del padre. Il terrorismo è stata la vera esagerazione: il '68 che ho vissuto io era un'epoca ricca di fantasia, e ha fatto del bene. Le BR no, se avessero vinto loro oggi staremmo peggio.

[In Cantico per i diversi, intervista a cura di Roberto Cappelli, Mucchio Selvaggio, settembre 1992]
Si tratta di una canzone di protesta, liberamente tratta da un canto degli studenti parigini del maggio '68, quando si registrarono scioperi operai e manifestazioni studentesche contro il sistema capitalistico, accusato di produrre sfruttamento e ingiustizie sociali e di manipolare le coscienze con le verità dei mass-media.

Rievoca gli avvenimenti accaduti e, rivolgendosi a quelli che alla lotta non hanno partecipato, li accusa e ricorda loro che chiunque - anche chi, in quelle giornate, si è chiuso in casa per paura, menefreghismo o avversione - è ugualmente coinvolto negli avvenimenti. Il finale sostiene che la rivolta, lungi dall'essere esaurita, ci sarà ancora, ed ancora più forte, in futuro.
Esprimendo le motivazioni più profonde della protesta e della rivolta sessantottina, De André dichiara la propria adesione al movimento attraverso l'uso dell'aggettivo nostro e si schiera, come sempre del resto, contro i benpensanti che videro minacciato l'ordine stabilito.

Il ceto medio, opportunista e formalista, è rappresentato con grande efficacia attraverso pochi elementi: la millecento, la fiducia nella televisione, il desiderio di non compromettersi votando ancora la sicurezza, la disciplina.

Da segnalare qualche metafora. Lo stesso maggio (v. 1), oltre al suo ovvio livello denotativo, rinvia a una rinascita di forze intellettuali, volte al cambiamento e al miglioramento della società. Ci mordevano il sedere (v. 20), riferito alle auto della polizia, indica l'inseguimento.

Da segnalare l'anafora con lievi variazioni lessicali del canto d'accusa: anche se voi vi credete assolti / siete lo stesso coinvolti (vv. 7-8), provate pure a credervi assolti... (v. 15), anche se allora vi siete assolti... (v. 31), per quanto voi vi crediate assolti (v. 41).
METRO. Quattro strofe di otto versi, più una strofa finale di dieci. I versi sono di differente lunghezza: dal settenario (ad es. vv. 1 e 8) all'endecasillabo (ad es. vv. 2 e 30), dal quinario doppio (ad es. vv. 12 e 28) all'ottonario (ad es. vv. 19 e 38) al novenario (ad es. vv. 22 e 35). Le rime, poste con maggiore regolarità nella seconda parte, sono baciate: maggio/coraggio, assolti/coinvolti, gioco/poco, ecc., o alternate: mento/millecento, niente/studente, ora/ancora. Manca la rima ai vv. 3-5 e 9-11; vi è invece rima imperfetta ai vv. 21-22 e assonanza tonica ai vv. 34-36.


Riflessioni
Come possiamo notare la canzone del maggio, sembra essere scritta per i problemi attuali ,forse cambia la forma ,la rivoluzione intesa come forza di contrasto al potere dello stato. Il quale non adempie al suo dovere ,nel dopo rivoluzione non cambia nulla perchè i rivoluzionari diventano politici corrotti anche loro, cambiano solo le persone ma resta il mal funzionamento,quindi è nella natura dell'uomo essere così ingiusto, verso un ruolo importante e primario nella società? La rivoluzione intesa come tale deve eliminare il marciume ,purificare tutto renderlo accettabile.




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